mACRONUTRIENTI

Carboidrati, Proteine, Lipidi

La gran parte dei nutrienti presenti nel cibo è costituita da macromolecole dette macronutrienti che devono essere ridotte  per via enzimatica in molecole più piccole, dette nutrienti semplici, prima di poter essere assorbite. Una volta effettuato l’assorbimento potranno essere utilizzate per la sintesi di componenti strutturali-plastici del nostro corpo oppure verrano utilizzate per produrre energia attraverso un processo di ossidazione con liberazione di anidride carbonica ed acqua.

Carboidrati:

I carboidrati rappresentano la nostra fonte energetica principale soprattutto durante l’attività fisica .Una dieta equilibrata di carboidrati deve costituire il 55-65% delle calorie totali.

Hanno anche funzione plastica ed intervengono nella formazione di acidi nucleici e strutture nervose infatti il nostro cervello necessita di circa 180 grammi di glucosio al giorno per svolgere le proprie funzioni in maniera ottimale.

La maggior parte dei carboidrati introdotti è presente sotto forma di polisaccaridi, come amido, cellulosa e glicogeno(rappresenta la fonte di deposito soprattutto a livello epatico e muscolare del glucosio) il cui componente principale è il glucosio. Gli altri carboidrati includono disaccaridi,come il saccarosio, il lattosio e,in minore quantità, monosaccaridi,come glucosio, fruttosio e mannosio.

I carboidrati possono essere assorbiti soltanto come monosaccaridi, per cui la maggior parte dei carboidrati assunti deve essere scissa prima di poter essere assorbita. Vediamo come avviene:

La cellulosa ha una struttura quasi identica all’amido con la differenza che è costituita solo da unità di glucosio legate tra loro in maniera lineare e quindi priva di catene ramificate. Per questo motivo non può essere digerita dagli essere umani in quanto siamo sprovvisti di enzimi digestivi adeguati, al contrario di altri mammiferi come i bovini, gli ovini, e degli insetti. Pertanto è priva di calorie e conseguentemente attraversa il tratto gastrointestinale venendo eliminata con le feci. In parte viene fermentata dalla flora batterica intestinale con liberazione di acidi grassi che determinano la tipica flatulenza completamente inodore tipica di una alimentazione con presenza di vegetali. Ha il pregio di inglobare notevoli quantità di acqua fino a 10 volte il suo peso e questo spiega il senso di sazietà dopo l’ingestione e la sua azione lievemente lassativa in quanto aumenta il volume e il peso delle feci.

L’ amido è costituito da tante unità di glucosio legate tra loro in maniera lineare (amilosio circa il 20%) e ramificata (amilopectina circa l’80%). Viene introdotto principalmente attraverso patate, legumi, cereali, mais e prodotti derivati, quali pasta e pane. La sua digeribilità dipende dalla temperatura in cui si trova quando viene utilizzato, Infatti con la cottura in acqua calda i sui granuli si gonfiano e il suo peso specifico si abbassa provocando un miglioramento della digeribilità( esempio sono gli gnocchi che galleggiano quando sono cotti). Al contrario il raffreddamento provoca la formazione di granuli di amido resistente simili alla struttura della cellulosa e quindi con minore digeribilità( esempio la pasta fredda che ha un indice glicemico più basso di quella appena cotta). Viene digerito dalle amilasi presenti nella saliva e nel succo pancreatico. La sua digestione pertanto inizia nella bocca, dove viene aggredito dalle α-amilasi salivare detta ptialina, che libera maltosio ed isomaltosio (disaccaridi costituiti dall’associazione di due unità di glucosio), maltotriosio (questa volta le molecole di glucosio sono tre) e destrine o oligosaccaridi (7-9 unità di glucosio, con presenza di una ramificazione). Le destrine sono più facilmente digeribili rispetto all’amido e lo sono in misura tanto maggiore quanto più corta è la catena di molecole di glucosio che le costituisce. Per questo motivo la crosta del pane, ricca di destrine formatesi per riscaldamento dell’amido, è più digeribile rispetto alla mollica . A livello della bocca, la digestione dei carboidrati è comunque limitata, dato lo scarso tempo di permanenza del cibo nella cavità orale e alla pessima abitudine di molte persone a non masticare a lungo e lentamente. L’attività della α-amilasi salivare si arresta nello stomaco, a causa dell’acidità che caratterizza l’ambiente gastrico che neutralizza la ptialina e riprende nel duodeno grazie alla presenza della amilasi pancreatica che però continua a scindere le molecole dei carboidrati nelle stesse strutture dell’ amilasi salivare.

Per completare la scissione a monosaccaridi è necessario l’intervento di altri enzimi presenti nell’orletto a spazzola delle cellule assorbenti dell’intestino tenue. In particolare la maltasi (in collaborazione con la saccarasi) per scindere il maltosio e il maltotriosio in glucosio. Le destrinasi che scindono le destrine.

I disaccaridi vengono anche essi scissi nell’intestino tenue

Il saccarosio estratto dalla barbabietola da zucchero, dalla canna da zucchero e presente nel miele viene scisso in glucosio e fruttosio dalla saccarasi;

Il lattosio zucchero del latte che viene scisso in glucosio e galattosio dalla lattasi.

Una volta completata la digestione dei carboidrati nei singoli monosaccaridi che li costituiscono, gli zuccheri sono pronti per essere assorbiti attraverso la membrana apicale e basolaterale degli enterociti. Tale assorbimento può avvenire per diffusione facilitata (fruttosio) o per trasporto attivo (glucosio, galattosio) con conseguente consumo di energia.

Dopo essere stati trasformati in glucosio i carboidrati possono andare in contro a tre diversi processi metabolici:

  • possono essere utilizzati dalle cellule per produrre energia
  • possono essere immagazzinati nelle riserve epatiche e muscolari sotto forma di glicogeno
  • possono essere trasformati in grasso e depositati come tale, qualora le scorte di glicogeno siano sature .

Proteine

In una dieta equilibrata le proteine devono costituire il 10 -15% delle calorie totali:
è considerato ottimale il consumo di: 2/3 di “proteine animali” e 1/3 di “proteine vegetali”

Le proteine sono formate dall’unione di molecole chiamate aminoacidi legate tra loro da legami peptidici. Quando il numero di aminoacidi tra loro uniti è relativamente piccolo ed inferiore a 10 unità si parla di oligopeptide, mentre se il numero di aminoacidi aumenta si parla di polipeptide o proteina. In genere oltre 50 aminoacidi intervengono nella formazione di una proteina e il legame peptidico è abbastanza rigido tanto da non consentire la rotazione sul proprio asse creando una struttura tridimensionale, questo rende la catena proteica ramificata. Gli aminoacidi sono numerosi ma solamente una ventina di loro partecipa alla formazione delle proteine che troviamo negli alimenti. Qualora fosse necessario, il nostro organismo ha la possibilità di generare certi aminoacidi a partire da altri. Dei venti che partecipano alla sintesi proteica solo otto non sono sintetizzabili (o perlomeno non lo sono in quantità sufficienti), Quindi è fondamentale la loro assunzione con la dieta e per questo vengono definiti aminocidi essenziali. Per una corretta sintesi proteica è necessario che la concentrazione di questi aminoacidi sia sempre ottimale altrimenti tutto diventa inefficace.

Sono considerati aminoacidi semiessenziali la cisteina e la tirosina, in quanto l’organismo li può sintetizzare a partire da altri due aminoacidi essenziali (metionina e fenilalanina).

I rimanenti aminoacidi possono essere sintetizzati nella cellula da prodotti di partenza più semplici come ossigeno, idrogeno, azoto, carbonio e per questo sono definiti non essenziali.

Alcuni aminoacidi come l’istidina e l’arginina sono considerati essenziali solamente durante la fase di crescita.

Una volta ingerite le proteine vengono scomposte nei singoli aminoacidi dall’azione degli enzimi presenti nello stomaco e nell’intestino. In particolare a livello dello stomaco le proteine vengono attaccate dall’acido cloridico e dal pepsinogeno che a sua volta viene attivato in pepsina dallo stesso acido. Si formano nel chimo degli oligopeptidi che una volta raggiunti l’intestino tenue vengono scissi in aminoacidi da enzimi intestinali che vengono divisi in due categorie: Le esopeptidasi che idrolizzano i legami peptici esterni alle proteine, e le endopeptidasi (la pepsina è già presente nello stomaco) che invece scindono quelle interne.

I singoli aminoacidi, i dipeptidi (due aminoacidi) e i tripeptidi(tre aminoacidi) che si formano dall’azione enzimatica vengono poi assorbiti grazie ai microvilli degli enterociti che importano, con meccanismo attivo, nella cellula le proteine del lume intestinale e completano la loro scissione degli ultimi legami peptici grazie a delle peptidasi presenti nell’enterocita. Successivamente vengono trasportati da carriers specifici al fegato ove vengono utilizzati prevalentemente per;

  • La sintesi proteica. Con questo termine ci si riferisce ad un processo inverso a quello digestivo che ha lo scopo di fornire all’organismo i materiali per la crescita, il mantenimento e la ricostruzione delle strutture cellulari (es. il collagene);

  • Funzione di trasporto(es. emoglobina , albumina)

  • Nella sintesi di ormoni e vitamine ( es, niacina);

  • Nelle risposte immunitarie ( es. le immunoglobuline);

  • Nella trasmissione di impulsi nervosi ( es. serotonina e melatonina);

  • Come catalizzatori in alcuni processi metabolici ( es. gli enzimi);

  • Se presenti in eccesso vengono utilizzati per la produzione di energia(gluconeogenesi ovvero formazione di glucosio a partire da substrati non glucidici ) o convertiti in grasso di deposito.

Solo una piccola quota di proteine presenti negli alimenti non viene assorbita ed è eliminata come tale con le feci (5%). Ricordiamo che solo nel neonato le proteine possono essere assorbite intere senza digestione e questo garantisce l’assorbimento degli anticorpi del latte materno.

Lipidi.

In una dieta equilibrata, i lipidi devono costituire il 20-30% delle calorie totali, di cui 5-7% acidi grassi saturi (SAT),
15-20% monoinsaturi (MUFA), 5-7% polinsaturi (PUFA).
In particolare:
• 2/3 devono provenire da alimenti di origine vegetale,
• 1/3 deve provenire da alimenti di origine animale.

I lipidi che vengono introdotti con la dieta sono di tre tipi: I TRIGLICERIDI, IL COLESTEROLO, I FOSFOLIPIDI. Si tratta di grosse molecole che rispetto ai carboidrati e alle proteine non sono solubili in acqua per cui non riescono ad essere sciolte nel succo gastrico, creando dei grossi agglomerati a forma di goccia che galleggiano sul chimo. Nella bocca esiste una lipasi salivare e nello stomaco una lipasi gastrica. Entrambe attaccano i trigliceridi staccando uno dei tre acidi grassi, con conseguente formazione di acidi grassi liberi e digliceridi. Purtroppo per l’ostacolo dell’acidità e per la loro caratteristica idrofobica la digestione si riduce tra il 10 e 30 % del totale lipidico presente nello stomaco. Una volta raggiunto il duodeno inizia la vera digestione che passa dalla trasformazione degli aggregati lipidici in aggregati solubili in acqua. Tale processo viene definito emulsionamento ed avviene grazie all’intervento della bile prodotta dal fegato e depositata nella colecisti. In particolare l’emulsionamento si deve ai sali biliari che sono un derivato del colesterolo prodotto dagli epatociti del fegato. La caratteristica di queste molecole è che possiedono dei gruppi polari idrofilici tutti localizzati su di un lato della molecola mentre il resto è idrofobica. Quando incontra un acido grasso la parte idrofobica prende contatto con essa mentre la parte idrofila si orienta all’esterno verso l’acqua creando una specie di rivestimento che permette di mescolarsi con la componente acquosa. Contemporaneamente il continuo rimescolamento del contenuto intestinale, favorito dalle contrazioni peristaltiche, contribuisce alla scissione delle gocciolone lipidiche in molecole molto più piccole La stessa bile inibisce la riaggregazione lipidica e tende a potenziare gli enzimi pancreatici che intervengono nella definitiva digestione lipidica.

Avvenuto l’emulsionamento i lipidi vengono aggrediti da specifici enzimi prodotti dal pancreas (lipasi, fosfolipasi e colesterolo esterasi). In particolare la lipasi, enzima che aggredisce i trigliceridi, viene potenziata da un altro enzima pancreatico detto colipasi e a differenza della lipasi gastrica stacca due acidi grassi formando dei monogliceridi e degli acidi grassi liberi. La fosfolipasi aggredisce i fosfolipidi formando dei lisofosfolipidi e acidi grassi liberi, la colesterolo-esterasi interviene sul colesterolo esterificato alimentare trasformandolo in colesterolo libero e acidi grassi. Ricordiamo che il colesterolo presente nel nostro apparato digerente è la somma di quello alimentare più quello presente nella bile e ne viene assorbito soltanto il 50% mentre il restante viene eliminato con le feci. Tale percentuale varia in misura significativa in relazione alle riserve di colesterolo; infatti, l’assorbimento enterico risulta tanto inferiore quanto più abbondanti sono le riserve di colesterolo dell’organismo. Come abbiamo visto dalla digestione si formano in gran quantità acidi grassi. Essi sono di due tipi : quelli a catena corta e media (10-12 atomi di carbonio) che insieme a parte del colesterolo libero e alle vitamine liposolubili vengono assorbiti direttamente nell’intestino tenue e quelli a catena lunga che insieme ai sali biliari, parte del colesterolo libero, lisofosfolipidi e monogliceridi formano le micelle che attraversano, rimpicciolendosi, tutto il tenue fino a scomparire all’inizio del colon. Vengono assorbiti dagli enterociti (le cellule dell’intestino) e riesterificati a trigliceridi, colesterolo e fosfolipidi dando luogo a particolari lipoproteine chiamate chilomicroni. Questi vengono riversati in circolo dal sistema linfatico e raggiungono i tessuti periferici(muscolo e tessuto adiposo)che trattengono solamente acidi grassi. I chilomicroni residui, poveri di trigliceridi e ricchissimi di colesterolo vengono captati ed incorporati dal fegato che metabolizza il colesterolo residuo e utilizza i pochi trigliceridi rimasti per i processi metabolici. In ultimo ricordiamo che la quota ematica del colesterolo di origine alimentare si aggira intorno al 20-30% mentre la rimanente percentuale è da addebitarsi alla produzione endogena da parte del fegato.

 

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