Ricordiamo che alla base dell’alcool c’è l’acino dell’uva. La BUCCIA è la sede del colore, dei precursori degli aromi, dei terpeni ed anche dei flavonoli(tipi di flavonoidi) che andranno a costituire gran parte della struttura dell’alcool . La parte della polpa più superficiale e quella interna adiacente i vinaccioli(i famosi semi) appare più acida e con meno zuccheri mentre quella centrale è ricca di zuccheri.
L’alcool destinato al consumo umano deriva esclusivamente dalla fermentazione operata da molti microrganismi (batteri, lieviti, muffe) e in modo particolare dal Saccharomyces cerevisiae, un lievito che possiamo considerare il più efficiente nel generare la fermentazione. Questi microrganismi sono presenti naturalmente sulla superficie dell’acino di uva trasportati dal vento, dagli insetti o aggiunti artificialmente dall’uomo (es. birra). Rappresenta la componente fondamentale per creare un buon vino e varia da zona a zona determinando le caratteristiche tipiche di un determinato vino. La buccia dell’acino rappresenta una barriera che impedisce a tali microrganismi di avere contatti con gli zuccheri presenti nella polpa. Le fermentazioni biologiche utilizzano gli zuccheri come glucosio e fruttosio presenti nella polpa dell’acino dell’uva (che deve essere integro), come fonte di energia. In presenza di ossigeno portano alla produzione di acqua e anidride carbonica ma in carenza di ossigeno, come avviene nella pigiatura, determinano una fermentazione che porta allo produzione di alcool e anidride carbonica provocando la formazione del cosiddetto mosto. La produzione di alcool avviene attraverso un processo di glicolisi che determina la produzione di acido piruvico che a sua volta con l’intervento della piruvato-decarbossilasi e dell’alcool deidrogenasi prodotte dai lieviti, viene trasformato in acetaldeide e successivamente ridotto ad alcol etilico con contemporanea ossidazione del NADH a NAD+. Invece nel caso in cui l’acino risulti danneggiato, si riducono notevolmente i lieviti e si verifica un aumento di muffe e batteri acetici come l’Acetobacter Aceti che portano ad una fermentazione acetica ovvero alla formazione del cosiddetto aceto di vino.
La glicolisi oltre all’alcool porta anche alla formazione di metaboliti secondari; alcuni provengono dalla reazione stessa, altri dal metabolismo azotato dei lieviti, altri infine da reazioni enzimatiche parallele. Tra questi ricordiamo l’acido tartarico, responsabile del gusto “duro” nel vino, l’acido malico, responsabile del gusto “aspro” e l’acido citrico, che dà il gusto “fresco”, i polifenoli antociani (presenti nelle uve rosse in cui determinano il colore), polifenoli flavoni (presenti nelle uve bianche in cui determinano il colore) polifenoli tannini (importanti nella colorazione , stabilità e conservazione del vino), composti azotati, pectine ( l’idrolisi di queste porta alla creazione di alcool metilico normalmente presente in tracce in quasi tutti gli alcoolici ma in modo più accentuato nei distillati), terpeni e vari minerali. Dal punto di vista merceologico le bevande si possono distinguere in quelle che contengono alcool nella concentrazione prodotta dalla fermentazione come vino, birra e sidro e quelle ottenute dalla distillazione dell’alcool come acquavite e liquori.
Ricordiamo in sintesi le principali bevande:
Il VINO: nasce dalla trasformazione dell’uva in mosto. Possiamo avere tre tipi di vinificazione:
Vinificazione in rosso: si utilizzano gli acini con tutta la buccia separati dal raspo( vinacce). Viene anche definita macerazione-fermentazione in quanto le bucce dopo la pigiatura, rimangono a macerare nel mosto ad una temperatura controllata di circa 25/30 gradi ( a temperature elevate si rovina la qualità e gli aromi del vino) per un periodo che và da 4 a 30 giorni e la scelta dipende dal tipo di uva utilizzata e dal tipo di vino che vogliamo ottenere( più tempo macera maggiore sarà anche l’intensità del colore finale).
Durante questa fase spesso sulla parte alta del tino si forma uno strato solido chiamato cappello delle vinacce che impedisce all’aria di ossigenare il mosto. Si ricorre in genere a tre tecniche per sbloccare tale situazione:
Il Bâtonnage o rimescolamento che un tempo era manuale e oggi è meccanico:
Il Rimontaggio: Nella parte inferiore del tino è presente un tubo di aspirazione che riporta il mosto in superficie;
Delestage: utilizzato solo per vini importanti. Viene effettuata a metà e alla fine della macerazione. E’ una operazione lunga e complessa in cui viene tolto dal tino tutta la parte liquida del mosto lasciando quella solida per poi reinserirla per rompere il cappello.
Terminata la fase di macerazione-fermentazione in cui la maggior parte dello zucchero del mosto si è trasformato in alcool (residua solo 1-2%) si effettua la svinatura in cui vengono eliminate i residui solidi che si vanno a depositare sul fondo del tino come le bucce, le fecce (sedimenti liquidi), lieviti morti, ecc. (da questi residui solidi si otterrà , con una ulteriore lavorazione, la grappa) Non sempre per tutti i vini vale questa regola . Se infatti si vuole creare un vino giovane e da utilizzare subito, la svinatura viene effettuata quando il residuo di zuccheri è intorno al 3-5%. Nel caso di vini di qualità sempre da consumare subito la svinatura avviene con residuo di zuccheri a 0%. Per i vini a lunga maturazione e molto robusti la svinatura avviene dopo alcuni giorni dalla fine della fermentazione. In questo caso le bucce e le fecce macerano ulteriormente e danno struttura al vino. A questo punto il vino ottenuto deve andare incontro a maturazione. Questo avviene nella successiva primavera dove il rialzo termico stimolano i batteri lattici che determinano la fermentazione manolattica. E’ un processo spontaneo naturale che trasforma l’acido malico (ricordiamo che dà il sapore aspro) in acido lattico che conferisce morbidezza, delicatezza e sentore dolce al vino. Al temine il vino viene inserito in adeguate barriques, botti o contenitori di acciaio inossidabile ove il vino riposa e dove si verificherà un ulteriore affinamento ed adeguato invecchiamento.
Vinificazione in bianco: presenta delle caratteristiche che la differenziano da quella in rosso, vediamole:
il mosto viene liberato di tutte le parti solide subito dopo la pigiatura, quindi la fermentazione alcolica avviene nel solo succo d’uva;
spremitura soffice legata alla eliminazione dei semi dell’uva che contengono il tannino elemento che non deve essere presente nel vino bianco;
la criomacerazione che viene eseguita subito dopo la pigiatura e prima della fermentazione. Il mosto con le bucce viene portato a 5-8 gradi C per 12-24 ore. , per far sì che possano essere estratti gli aromi primari dell’uva presenti proprio nella parte interna della buccia. In questo modo si ottengono vini con profumi più intensi, fruttati e definiti.
la fermentazione avviene a temperature più basse intorno a 18-20 gradi;
importanza del Bâtonnage per favorire il contatto delle fecce con il mosto onde garantire una buona ossigenazione.
Ricordiamo in ogni caso che esistono forme di vino bianco che si ottengono con la metodica del vino rosso ovvero la macerazione delle bucce nel mosto. Vengono chiamati vini bianchi macerati.
Vinificazione rosè: come sempre è un vino considerato intermedio tra un rosso e un bianco. Si ottiene con tre metodi:
scegliere uve rosse a bassa pigmentazione ( esempio classico il Pinot Nero)
aggiungere un poco di uva rossa mentre si vinifica in bianco;
breve macerazione delle vinacce nel mosto. La migliore tra le tre.
La BIRRA : alla base della birra c’è l’orzo cereale molto diffuso in tutto il mondo. Vediamo le fasi di creazione :
i chicchi vengono messi in acqua a germogliare per alcuni giorni per permettere la trasformazione nell’endosperma dell’amido in zuccheri fermentescibili. Il processo è di natura enzimatica con intervento principale di amilasi e formazione di maltosio e destrine. L’orzo germinato si chiama malto;
Il malto viene essiccato in forno ove avviene la tostatura. La durata dell’essiccazione determina il colore (biondo, dorato, biscottato) e la fragranza.
Il malto tostato viene macinato e trasformato in farina;
Lo sfarinato viene mescolato all’acqua per ottenere un composto omogeneo chiamato mosto;
Il mosto viene portato ad ebollizione, filtrato e separato dalle scorie;
Viene aggiunto il luppolo che determina il caratteristico sapore amarognolo e successivamente raffreddato;
Vengono aggiunti dei lieviti senza dei quali non potrebbe effettuarsi la fermentazione. In particolare si usano:
il Saccharomyces cerevisiae: produce una fermentazione tra i 16-23 gradi centigradi per cui queste birre vengono definite “ad alta fermentazione” con gusto intenso ed aromatico;
il Saccaromyces Carsbergensis : produce una fermentazione tra gli 5-8 gradi centigradi per cui queste birre vengono definite “a bassa fermentazione” con gusto leggero e fragrante;
alcune birre non hanno bisogno dell’aggiunta di miceti perché già presenti spontaneamente nel mosto come alcune qualità del Belgio.
Terminata la fermentazione la birra viene travasata in specifici serbatoi dove sarà lasciata per quattro-sei settimane a stagionare e maturare. In questa fase avviene una sorta di chiarificazione naturale e la birra acquisisce il suo caratteristico e definitivo sapore.
Secondo la legge italiana le birre vengono suddivise in tre categorie: normali, da 11 a 13 gradi saccarometrici, speciali, da 13 a 15 gradi, doppio malto, oltre i 15 gradi.
Il SIDRO: bevanda ottenuta dalla fermentazione di frutta come le mele o mele e pere insieme. Bibita dal sapore acidulo per la presenza importante di acido malico. Poco utilizzato in Italia. Il suo utilizzo è importante nel Regno Unito, nel nord della Francia (Normandia e Bretagna) in Spagna nella regione delle Asturie.
DISTILLATI: La distillazione mira, partendo dal fermentato, a concentrare l’alcool e le altre sostanze volatili. La distillazione non è altro che il processo con il quale scaldando un liquido fermentato se ne fa evaporare l’alcol per farlo poi ricondensare concentrato sotto forma liquida. Per effettuare la distillazione si utilizzano delle particolari attrezzature come l’alambicco (in grado di effettuare una distillazione sia discontinua che continua) oppure la colonna di rettifica che effettua solo distillazione continua.
Il primo compito della distillazione è quella di separare le frazioni volatili, specie acqua e alcool etilico, da quelle fisse, rappresentate da sali e sostanze organiche di vario genere. Successivamente l’alcool etilico viene separato dall’acqua e subisce il processo di rettifica per eliminare le componenti sgradevoli o indesiderate presenti. Infatti nel distillato evidenziamo tre componenti:
Testa del distillato: parte iniziale del distillato che deve essere eliminata. Contiene prevalentemente sostanze che conferirebbero al distillato un odore acre e sgradevole, oltre a una piccola parte di alcool metilico, che è tossico, e quindi va eliminato; Fortunatamente queste sostanze hanno un punto di evaporazione inferiore alle sostanze “nobili” del distillato, e quindi sono le prime ad essere prodotte e quindi eliminate.
Cuore del distillato: è la parte centrale della distillazione ricca di alcool etilico e di gradevoli sostanze aromatiche che poi sarà quella che berremo sotto forma di acquaviti o con aggiunta di aromi e zuccheri ottenendo vari tipi di liquori;
Coda del distillato: parte finale del distillato che anch’essa verrà eliminata in quanto contiene sostanze piuttosto grasse e oleose.
Tra i distillati ricordiamo:
Acquavite di vino o Brandy : la più importante è il Cognac francese. Il vino viene distillato senza separare i residui fecciosi che si formano durante il processo fermentativo del mosto. Il distillato viene sottoposto ad invecchiamento in fusti di rovere, che gli conferisce le caratteristiche organolettiche peculiari.
Acquavite di vinaccia o Grappa: si ottiene dalla distillazione della vinaccia residuo solido della macerazione dell’uva. La composizione chimica è simile al brandy anche se più ricco di composti volatili di pregio;
Acquavite di frutta: si ottiene dalla distillazione del succo fermentato di ciliege come lo Cherry o di prugne come lo Slivovitz .
Acquavite da cereali: come il famoso Whisky. Le sue varietà dipendono da come vengono mischiati i vari cereali. Altra acquavite famosa è la Vodka dove prevalgono grano e segale;
Acquavite da bacche di ginepro: come il famoso Gin il cui sapore caratteristico è legato all’essenza di trementina presenti nelle bacche;
Acquavite da succo di canna da zucchero: come il famoso Rum.
EFFETTO DELL ‘ALCOOL SUL NOSTRO CORPO
Partiamo da un assioma fondamentale: l’alcool è un piacere e non una necessità. Ricordiamo che la sua assunzione in quantità moderata presenta anche dei lati positivi:
Effetto benefico della digestione in quanto stimola l’appetito producendo un’ aumentata secrezione gastrica e quindi preparando lo stomaco ad accogliere il cibo;
Azione protettiva contro le malattie cardiovascolari in particolare del vino rosso che presenta azione antiossidante(es resvetrarolo);
Azione antinfiammatoria sempre con l’utilizzo di vino rosso. Infatti i valori ematici dell’esame PCR(proteina c reattiva) nei soggetti che bevono il vino rosso è inferiore alla media.
La domanda principale è quanto alcool possiamo assumere per essere solo degli appassionati di questa bevanda. Al di là di tutte le formule o metodi di calcoli esistenti possiamo definire in modo semplice che il consumo moderato và fino a tre bicchieri di vino o birra al giorno per gli uomini e due bicchieri al giorno per le donne. Non usare mai distillati o liquori se non occasionalmente.
Nell’assunzione di alcool in modo eccessivo possiamo distinguere due forme:
Intossicazione acuta: si manifesta quando viene ingerita una quantità importante di alcool in un tempo breve. E’ un fenomeno sempre più frequente in particolare nei giovani.
Nelle forme lievi si limita, il giorno dopo, alla comparsa di una cefalea, nausea e inappetenza.
Nelle forme gravi dopo una prima fase di eccessiva euforia con esaltazione psico-fisica esagerata, nausea e vomito, segue una seconda fase di depressione psico-fisica con difficoltà al mantenimento dell’equilibrio, nistagmo, balbuzie, ipotermia fino a forme gravi di depressione respiratoria con relativo coma quando si assumono notevoli quantità di alcool in tempi brevi.
Le complicanze fisiche di un uso eccessivo di alcool in sintesi sono:
Problemi di pressione alta ed aumento del rischio di insufficienza cardiaca o ictus;
Gastrite cronica che determina spesso riduzione dell’assorbimento in particolare delle vitamine del gruppo B;
Rischio di ipoglicemia grave dato che come vedremo l’alcol interferisce con il rilascio del glucosio nel fegato . Il problema si acuisce se il paziente è diabetico e utilizza insulina.
Disfunzione erettile nell’uomo o interruzione del ciclo mestruale nelle donne;
Osteoporosi;
Debolezza e paralisi dei muscoli oculari;
Disturbi neurologici come parestesie agli arti, perdita della memoria a breve termine, demenza;
Aumentato rischio di alcuni tumori come quelli della bocca, della gola, del fegato, del seno, del colon;
Gravi danni epatici come la steatosi, epatite alcoolica, fibrosi e cirrosi.
Sito di Gastroenterologia
Santeramo in Colle